Padre Marco Ricci, prete di in una antica chiesa agostiniana ad Ercolano, provincia di Napoli, ospita un interessante spettacolo H2Oro della compagnia teatrale Itineraria, che denuncia la sciagura della privatizzazione e perché l’acqua deve restare pubblica. Lo spettacolo H2Oro,
ha replicato in tutta Italia, in un crescendo di interesse, racconti, storie e testimonianze per protestare contro la legge Ronchi e l’urgenza di votare ai referendum del prossimo 12-13 giugno. «Questa è una terra a caccia di normalità piegata dall’usura e dal racket, non possiamo consentire la sottrazione di un altro diritto. Io seguo il Vangelo e difendo i più deboli». Un modo per spiegare ai cittadini ercolanesi l'importanza di votare sì per l'acqua pubblica, per non renderla merce di scambio tra le istituzioni e le multinazionali. Anche in Bolivia è in atto una lotta contro la privatizzazione dell’acqua e gli interessi delle multinazionali dal primato italiano nell’uso di acque minerali, nonostante il costo economico ed ambientale di un’acqua in bottiglia, fino ai casi italiani che in alcuni casi ha affidato ai privati la gestione dell’acqua definito oro blu, con i costi delle tariffe salate.
Lo spettacolo è offerto dalla divina provvidenza, racconta Don Marco, non ha sponsorizzazioni e allora è stato finanziato dalla parrocchia: «Dovevo decidere se spenderli ora questi soldi o dopo quando dovrò aiutare chi non potrà più pagare l’acqua» «Quando Gesù ha dato la vita in croce dal suo costato ha cacciato sangue e acqua e dall’acqua è nata la vita nuova. Togliere l’acqua significa togliere la vita. Io ho voluto questo spettacolo nel nostro territorio, luoghi dove negli ultimi anni si è poco parlato di vita. Siamo in una antica chiesa agostiniana e Sant’Agostino diceva “Vogliamo costruire la città degli uomini o la città di Dio. Quella degli uomini pensa agli interessi personali, quella di Dio pensa ai deboli e ai poveri”» Poi aggiunge «Gesù diceva “poiché voi dite che ci vedete allora siete ciechi”.
Tocca a noi aprire gli occhi sull’acqua, sui rifiuti per non farci prendere più in giro e difendere insieme i nostri diritti». Uno spettacolo quello messo in scena dalla compagnia milanese che ricorda nell'ambientazione uno studio di un programma televisivo di approfondimento. Un leggio. Uno sgabello. Dei libri. Acqua. «Quello che succede ad Ercolano assume un valore aggiunto, in chiesa e in un territorio, feudo dei clan, ma Don Marco lo racconta con la normalità di una predica, come fosse una benedizione. Bagliori di luce intensa in una terra dove scorrazza la camorra che tiene in scacco i commercianti, il pizzo e lo strozzinaggio attanagliano l’economia locale.
Scognamiglio poi ha sottolineato “l’importanza del lavoro che si sta portando avanti sia per la messa in scena dello spettacolo che quello del comitato volti entrambi alla sensibilizzazione dei cittadini sul tema dell’acqua pubblica”. E questo non mi pare poco.
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