Per l'importanza dell'argomento, riporto questa lettera pubblicata da Avvenire e scritta da Asia Bibi,
pakistana cattolica, madre di cinque figli, condannata per blasfemia
per avere bevuto un bicchiere d’acqua raccolta da un pozzo di un
musulmano e per questo accusata di avere “infettato” la fonte. Mi chiamo Asia Noreen Bibi. Scrivo agli uomini e alle donne di buona
volontà dalla mia cella senza finestre,
nel modulo di isolamento della prigione di Sheikhupura, in Pakistan, e non so se leggerete mai questa lettera. Sono rinchiusa qui dal giugno del 2009. Sono stata condannata a morte mediante impiccagione per blasfemia contro il profeta Maometto.
nel modulo di isolamento della prigione di Sheikhupura, in Pakistan, e non so se leggerete mai questa lettera. Sono rinchiusa qui dal giugno del 2009. Sono stata condannata a morte mediante impiccagione per blasfemia contro il profeta Maometto.
Dio sa che è una sentenza ingiusta e che il mio unico delitto, in
questo mio grande Paese che amo tanto, è di essere cattolica. Non so se
queste parole usciranno da questa prigione. Se il Signore
misericordioso vuole che ciò avvenga, chiedo agli spagnoli (il 15
dicembre, il marito di Asia ritirerà a Madrid il premio
dell’associazione HazteOir, ndr ) di pregare per me e intercedere
presso il presidente del mio bellissimo Paese affinché io possa
recuperare la libertà e tornare dalla mia famiglia che mi manca tanto.
Sono sposata con un uomo buono che si chiama Ashiq Masih. Abbiamo
cinque figli, benedizione del cielo: un maschio, Imran, e quattro
ragazze, Nasima, Isha, Sidra e la piccola Isham.
Voglio soltanto
tornare da loro, vedere il loro sorriso e riportare la serenità. Stanno
soffrendo a causa mia, perché sanno che sono in prigione senza
giustizia. E temono per la mia vita. Un giudice, l’onorevole Naveed
Iqbal, un giorno è entrato nella mia cella e, dopo avermi condannata a
una morte orribile, mi ha offerto la revoca della sentenza se mi fossi
convertita all’islam. Io l’ho ringraziato di cuore per la sua proposta,
ma gli ho risposto con tutta onestà che preferisco morire da cristiana
che uscire dal carcere da musulmana. «Sono stata condannata perché
cristiana – gli ho detto –. Credo in Dio e nel suo grande amore. Se lei
mi ha condannata a morte perché amo Dio, sarò orgogliosa di sacrificare
la mia vita per Lui».
Due uomini giusti sono stati assassinati per aver chiesto per me giustizia e libertà. Il loro destino mi tormenta il cuore. Salman Taseer, governatore della mia regione, il Punjab, venne assassinato il 4 gennaio 2011 da un membro della sua scorta, semplicemente perché aveva chiesto al governo che fossi rilasciata e perché si era opposto alla legge sulla blasfemia in vigore in Pakistan. Due mesi dopo un ministro del governo nazionale, Shahbaz Bhatti, cristiano come me, fu ucciso per lo stesso motivo. Circondarono la sua auto e gli spararono con ferocia.
Mi chiedo quante altre persone debbano morire a causa della giustizia. Prego in ogni momento perché Dio misericordioso illumini il giudizio delle nostre autorità e le leggi ristabiliscano l’antica armonia che ha sempre regnato fra persone di differenti religioni nel mio grande Paese. Gesù, nostro Signore e Salvatore, ci ama come esseri liberi e credo che la libertà di coscienza sia uno dei tesori più preziosi che il nostro Creatore ci ha dato, un tesoro che dobbiamo proteggere. Ho provato una grande emozione quando ho saputo che il Santo Padre Benedetto XVI era intervenuto a mio favore. Dio mi permetta di vivere abbastanza per andare in pellegrinaggio fino a Roma e, se possibile, ringraziarlo personalmente.
Penso alla mia famiglia, lo faccio in ogni momento. Vivo con il ricordo di mio marito e dei miei figli e chiedo a Dio misericordioso che mi permetta di tornare da loro. Amico o amica a cui scrivo, non so se questa lettera ti giungerà mai. Ma se accadrà, ricordati che ci sono persone nel mondo che sono perseguitate a causa della loro fede e – se puoi – prega il Signore per noi e scrivi al presidente del Pakistan per chiedergli che mi faccia ritornare dai miei familiari. Se leggi questa lettera, è perché Dio lo avrà reso possibile. Lui, che è buono e giusto, ti colmi con la sua Grazia.
Due uomini giusti sono stati assassinati per aver chiesto per me giustizia e libertà. Il loro destino mi tormenta il cuore. Salman Taseer, governatore della mia regione, il Punjab, venne assassinato il 4 gennaio 2011 da un membro della sua scorta, semplicemente perché aveva chiesto al governo che fossi rilasciata e perché si era opposto alla legge sulla blasfemia in vigore in Pakistan. Due mesi dopo un ministro del governo nazionale, Shahbaz Bhatti, cristiano come me, fu ucciso per lo stesso motivo. Circondarono la sua auto e gli spararono con ferocia.
Mi chiedo quante altre persone debbano morire a causa della giustizia. Prego in ogni momento perché Dio misericordioso illumini il giudizio delle nostre autorità e le leggi ristabiliscano l’antica armonia che ha sempre regnato fra persone di differenti religioni nel mio grande Paese. Gesù, nostro Signore e Salvatore, ci ama come esseri liberi e credo che la libertà di coscienza sia uno dei tesori più preziosi che il nostro Creatore ci ha dato, un tesoro che dobbiamo proteggere. Ho provato una grande emozione quando ho saputo che il Santo Padre Benedetto XVI era intervenuto a mio favore. Dio mi permetta di vivere abbastanza per andare in pellegrinaggio fino a Roma e, se possibile, ringraziarlo personalmente.
Penso alla mia famiglia, lo faccio in ogni momento. Vivo con il ricordo di mio marito e dei miei figli e chiedo a Dio misericordioso che mi permetta di tornare da loro. Amico o amica a cui scrivo, non so se questa lettera ti giungerà mai. Ma se accadrà, ricordati che ci sono persone nel mondo che sono perseguitate a causa della loro fede e – se puoi – prega il Signore per noi e scrivi al presidente del Pakistan per chiedergli che mi faccia ritornare dai miei familiari. Se leggi questa lettera, è perché Dio lo avrà reso possibile. Lui, che è buono e giusto, ti colmi con la sua Grazia.
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