mercoledì 4 settembre 2013

John Semedimela e il Ciclo della Vita

John semedimela, il cui vero nome era John Chapman, è stato un pioniere statunitense che agli inzi dell’ottocento cominciò ad esplorare le selvagge regioni del West, gettando semi di mela lungo il suo cammino. Si narra che Chapman vivesse una vita sobria e selvaggia dove per vivere si accontentava di poco.   Dormiva volentieri in mezzo ai boschi o lungo i torrenti, immerso nella natura che amava e rispettava. Spesso, con i pellerossa, scambiava gli alberi ed i frutti del melo con vestiti o altri generi di prima necessità, procurandosi per questo la  loro stima.  
Così, simile alla storia di John, riportata ai nostri giorni, è stata la passione di mio suocero  per la terra. Contadino nella vita, figlio di contadini, panettiere ed infine bigliettaio sui tram, la sua giornata trascorreva affinché arrivasse il tardo pomeriggio per raggiungere il suo orto; all’ età di ottantacinque anni ne aveva ancora tre. Pochi lo sanno ma alcuni uomini, nel loro piccolo appezzamento di terra, sono Re nel loro Regno e la baracca con la veranda, dove depositano gli attrezzi, è il loro castello.
“Finché esisterà un agricoltore sarà possibile sperare nel futuro” dice un adagio moderno. Non hanno bisogno di servitù, son già serviti perché hanno di fronte a loro il miracolo della vita che ad ogni stagione e in ogni giorno dalla semina si rinnova. Coperto da un letto di neve il seme dormirà tutto l’inverno e a primavera, loro,(i conduttori di orti) come i contadini, lo sentono fremere e agitarsi tra le zolle svegliato dal sole. La vita delle piantine cresce sotto i loro occhi e alla fine del ciclo le vedono seccare, osservando così tutto l’arco vitale. Tutta la vita mio suocero ha seguito questo ciclo. Questo è il ciclo della vita, della sua vita, che non è la morte.
La morte per alcuni è il passaggio dall’ essere al non essere o la cessazione dell’esperienza spazio-temporale  di quella parte di noi che chiamiamo “Anima”. Per altri, come per me, è semplicemente il temine di un ciclo vitale, cosa nettamente distinta dalla paura di morire. Nessuno che ama la vita cerca la morte, neppure i credenti del ciclo vitale. Essi vivono diversamente questo  passaggio,  né in modo migliore né peggiore, solo in modo diverso.
Lo ritengono naturale e pur piangendo anch’ essi gli affetti perduti, non lo temono. Nessuna meraviglia dunque, nessuna paura. Questo è  il suo ciclo e di tutti quelli che vivono con le stagioni. Anche se era rallentato nei movimenti, finché ha potuto camminare ha passeggiato lungo i filari dei pomodori e delle cipolle e quando non ha più potuto sorreggersi usava il bastone e quando non ha più potuto usare neanche quello raccomandava ad altri di bagnare i pomodori e tutte le piantine.
Perfino l’ultimo giorno della sua vita cosciente ha chiesto delle cipolle: avremmo dovuto raccoglierle, la loro maturazione era compiuta, il loro ciclo terminato. Così se ne è andato, con questi pensieri nell’ animo, con le cose che aveva ancora da fare , con ancora una piantina da trapiantare nella terra preparata e resa grassa da tempo. Anche io vivo con questo concetto nella testa: credo di non avere paura della fine del ciclo vitale, come non l’ha avuta mia madre, come non l’ha avuta mio suocero , come non ce l’hanno gli animali, le piante, e tutti coloro che vivono la vita e la natura, che vivono il loro giorno con il sorgere del sole e sanno che nel cielo ci sono le stelle.
Le stelle, quei miliardi di soli visibili ai nostri occhi di notte che da millenni rinnovano e lasciano un interrogativo nell’ uomo che guarda. In un puntino, simile ad un granello, come in un’immensa vastità di sabbia c’è la terra, il nostro pianeta, e dentro quel pianeta ci sono io e tutti esseri viventi, uomini, animali e piante. Alzo lo sguardo, osservo l’ universo e mi sento parte del ciclo vitale.
(di Daniele Ostuni)

Nessun commento:

Posta un commento