Domanda-Questo lasciarsi, questo dire di sentirsi soli, pensare che non si ha più niente da costruire, …però nello stesso tempo sono accaduti degli effetti tremendi, cioè l’uomo non vuole separarsi, per cui arriva alla fine ad uccidere. Che cosa vuol dire, che sintomi sono questi?
R-I sintomi sono molti, cioè i sintomi di una vita in cui ad esempio non si è più capaci di fare sacrifici. Il sacrificio è l’altre faccia dell’amore.
Non si può vivere amando senza sacrificare qualcosa di noi, qualche nostra visione, qualche nostra decisione, e quando siamo due, uomo e donna, amanti, sposi, conviventi, il limite appare. L’altro certamente, appare a me come limite: non posso più fare tutto quello che voglio, ma devo cercare di farlo in sinfonia con l’altro. Ecco se non c’è questo esercizio di fare le cose insieme, se non c’è quest’esercizio ad ascoltare le ragioni dell’altro, se c’è solo la dittatura delle emozioni, perché noi viviamo in un mondo in cui la dittatura delle emozioni, l’uso della ragione scompare. I valori che possono durare nel tempo non vengono presi in considerazione e si dice che non esistono dei principi morali se non provvisori ed effimeri, allora tutto questo fa sì che il cammino perseverante di un amore, di una amicizia, di una convivenza, non diventa più possibile. Al primo ostacolo, alla prima contraddizione, ognuno invoca per sé le ragioni, soprattutto dicendo che è finito il sentimento, che è finito l’amore, ci si sente estranei e uno abbandona l’altro. Bonhoeffer, un famoso teologo, che era anche un visionario e profeta diceva- ormai sta per arrivare un tempo in cui tutte le cose si fanno per esperimento, tutte si vivono a breve termine, tutte per esperienza, nulla dura, quando invece amicizia, matrimonio, hanno bisogno di lunghi tempi, di perseveranza, altrimenti si svuotano e degenerano. Questa è stata una profezia di Bonhoeffer e noi oggi lo vediamo nelle famigli, nelle storie d’amore in cui non si crede più l’uno nell’altro. Io sento sempre molti che si lamentano che c’è una crisi di fede in Dio, ed è vero: ma come può oggi l’uomo credere in dio se non è capace di credere all’altro? La grande crisi di oggi è una crisi di fede ma prima di essere una crisi di fede in Dio è una crisi di fede nell’altro, per cui non è più possibile neanche la vicenda dell’amore come vicenda per sempre. Che bello il tempo in cui i due che iniziavano una storia d’amore si chiamavano fidanzati, da fede, cioè due che hanno fede l’uno nell’altro e quando siglavano la loro storia d’amore mettevano “la fede”, la chiamavano, perché è una storia di fede, altrimenti l’amore non è possibile se uno non crede nell’altro. Ecco se noi riuscissimo a credere all’amore, a credere negli altri, a partire da chi nella nostra vita diventerà coniuge, se crediamo negli altri come prossimo e gli altri come membri della società polis, poi, credo possiamo credere in Dio. Sarebbe una bestemmia credere in Dio che non vediamo e non credere negli altri che vediamo: la sfida è questa.Seconda parte dell’intervista televisiva (la prima) fatta ad Enzo Bianchi, Priore comunità di Bose in cui risponde ai dati sui matrimoni e sulle convivenze che falliscono. Come precedentemente detto, occorre ascoltare tutti soprattutto se le parole ci lasciano un qualche segno e ci possono essere di aiuto.
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