Quello che resta della solarità, della chiarezza, del libero pensiero si è oscurato nel giorno della diciottesima ricorrenza del ricordo della strage di via D’Amelio dei giudici Falcone, Borsellino e dei cinque poliziotti della sua scorta, Agostino Catalano, Walteri Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi e Claudio Traina., simboli della lotta alla mafia e alle connivenze politiche. Gli atti, da sempre ci raccontano attraverso gesti simbolici, la compiacenza o il disprezzo di cose e persone, e abbattere il simbolo dell’onestà intellettuale, della ricerca della legalità e della giustizia è indubbiamente un atto di disprezzo, (lungi da noi tutti l’idea di speculare sull’episodio in sé). Forse i responsabili verranno individuati, forse, ma ciò accaduto in un momento delicatissimo in cui importanti rappresentati dello stato vengono coinvolti a vario titolo in indagini, tutte da approfondire, che li indicherebbero come organizzatori di malaffare, corruttele e apparati di poteri occulti. Pur con tutta la cautela e la serenità che possediamo, come facciamo a non vedere il nesso diretto tra le intercettazioni
che hanno permesso di venire a conoscenza anche di queste rilevazioni e la legge in via di approvazione definitiva che le vuole abolire o perlomeno ammaestrare? Come possiamo accettare che ( senza nessuna cautela) si difendano uomini con mandati di cattura in essere, che si indichino i mafiosi come eroi dei nostri giorni e nel contempo togliere ai magistrati che scoprono corruttele e frequentazioni mafiose i loro più efficaci strumenti di indagine? In questa situazione, pur facendo tutti i distinguo del caso non riconosciamo la precisa volontà di rendere occulti i fatti delittuosi ascritti ai potenti? Salvaguardando la privacy, senza libertà di stampa si è sudditi, non più uomini liberi. In cinquant’anni di misteri italiani, tutto ciò a cui abbiamo assistito, purtroppo lascia obbligatoriamente aperta ogni ipotesi ed oggi paghiamo lo scotto di non essere riusciti a fare chiarezza dopo un così lungo periodo; una incapacità che ci rende colpevoli di aver pensato che il tempo potesse cancellare tutto. Ed ora eccoci qua, punto e a capo, ponendoci interrogativi sul fatto che tra i chi siede nei Parlamento, faccendieri, servizi segreti e la Magistratura vi sia un ordine occulto che trama contro lo stato, alla costituzione alla legalità e alla democrazia. Ormai l’uso inflazionato di queste parole le rende quasi vuote, ma dietro alla parola democrazia ci sono le regole, quelle per cui se si lavora non si viene pagati con una manciata di riso, per cui se si subisce un torto è possibile chiedere ragione alla giustizia e non ad un capo rione, è possibile partecipare ad un concorso a parità di condizioni, al lavoro, alla casa, all’assistenza sanitaria adeguata, a tutto ciò ed oltre, a tutte quelle cose che ci sembrano normali, dovute. Due statue, riverse e devastate sul selciato ci dicono che a taluni il messaggio di impunità è arrivato forte e chiaro, a loro dei giudici non importa nulla sia vivi che in statue. Se occorresse avrebbero uomini per comperarli, avvocati per difendersi, mezzi economici pari al bilancio dello stato, e possono dettare le regole del gioco a loro piacimento. Tra le fila del governo c’è chi, condannato in appello a sette anni di reclusione , festeggia e indica i mafiosi come eroi e chi, pur in possesso delle prove reali fornite dalle forze di polizia difende a gran voce il parlamentare raggiunto da un mandato di cattura riuscendo a trovare tracce di possibili orditori di complotti. I filosofi di questi nuovi eroi poi ne tracceranno le linee di pensiero, l’ordine sociale da loro propugnato, l’organizzazione, il modello economico da studiare nelle scuole. Preferirei essere più povero, con meno beni a disposizione, in cambio di una sana democrazia. Viene allora da chiedersi, ma chi erano quei giganti che hanno realizzato la Carta Costituzionale? Occorre decidere e subito da che parte stare - O con la Legalità o dall’altra parte. Sulla democrazia, sulle regole, sulla costituzione nessun dubbio deve nemmeno sfiorarci. Qui non si tratta di destra, centro o sinistra, si tratta della sopravvivenza della Nazione, di quella cosa che permette di non ammazzarci ad ogni angolo della via. Quando si tocca la stampa è emergenza democratica, lo stesso per la giustizia, per la polizia, le istituzioni, i diritti dell’uomo, e tutto cio con qualsiasi governo al potere. Ora, in una situazione di emergenza democratica, noi tutti possiamo fare solo due cose, o continuare a ballare e brindare sapendo che lo squarcio nella nave è grande e attendiamo che affondi, oppure possiamo organizzarci insieme per riparare la falla: o salviamo la nave e poi verificheremo le responsabilità oppure affonderemo tutti e del giorno, non resterà che qualche lontano bagliore.
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