sabato 10 luglio 2010

Ricordi di Scuola

"Godi fanciullo mio; stato soave, Stagion lieta è cotesta. Altro dirti non vò, ma la tua festa Ch'anco tardi a venir non ti sia grave." Gli ultimi esami di scuola si sono appena conclusi e un tempo è passato aprendone all'istante un'altro: quello dei ricordi. Finiti gli esami di terza media, rammento che uscendo di scuola anch'io mi unii a tutti quelli che strappavano i quaderni per sottolineare la fine degli studi, della tensione, ma dal cuore un sapore mi malinconia già mi saliva alla bocca. Cos'è questa fitta sottile che sento, mi chiesi? Forse già sapevo che da quel momento avrei cominciato a ricordare i compagni, gli insegnanti, la scuola e gli accadimenti dei tre anni di medie. A 14 anni compiuti, il mondo mi attendeva.  Una ditta dove tagliare lamiere come apprendista mi stava aspettando e lì, era certo che non avrei trovato Cagnotto, Giuseppe il Faina, Marinaccio Oreste che chiamavo Marineste oraccio o Lizzi che insieme a tutti gli altri, non avrei più rivisto. Li ricordo tutti e ricordo pure quasi tutti i nomi dei compagni della 5 elementare.
IL Maestro  Incollu, il maestro Furnari, che menava certi ceffoni e  il Maestro Frangipane che all'epoca non avevo mai avuto chiaro se fosse davvero il suo nome oppure o si chiamasse Principale, proprio perchè era il direttore della scuola e a noi la sua severità faceva paura, perchè se era il principale ti poteva licenziare  se invece era il Direttore Frangipane ti poteva sospendere con uno sciocco di dita.

Memorabile era la sua lunga unghia del migliolo della mano destra e la sua solita frase che diceva entrando in classe improvvisamente sorprendendoci a fare baccano" E che é? Ma dove siamo, al mercato? Ineducati, Incivili, carrettieri indegni di entrare in una scuola.  Oggi  va a finire che ne sospendo qualcuno". Nella mia classe in quinta c'era di tutto; alcuni avevano la barba altri erano già dei  muscolosi mezzi uomini e i nomi li ricordo tutti- Benigni quello con la barba, Barozzi, Lunardi, Certa, Gallini, Novara, ed io allora ero innamorato di Paola una ragazza alla quale non avevo mai parlato e che lasciò Milano per non so dove. All'epoca il sabato era un sabato autentico nel senso al mattino si andava a scuola. Ora corrisponderebbe al venerdì. Occorrerebbe nascesse un' altro Leopardi che componesse un'altra  poesia simile intitolandola  "Il Venerdì del Villaggio".

Io il sabato lo sentivo molto e quella poesia studiata alla elementari, oggi ha ancora in me dei ricordi piacevoli riguardo al giorno dopo, quello che deve ancora venire, al futuro. Nel ricordare la scuola ancora  mi prende quella dolce malinconia che stringe un poco il cuore; era la mia giovinezza, quel lampo di vita che ti attraversa veloce. Io vivo ancora a questo ritmo, al ritmo della speranza, del giorno che deve ancora venire, per questo che molti anni dopo, quando lessi il libro "Ricordi di scuola" di Antonio Mosca, lo divorai. Leggendolo mi pareva ci fossi anch' io in quella classe di scalmanati, dove c'era un capo, ma di quelli veri e l'atmosfera descritta, l'ho immediatamente riconosciuta già dalle prime pagine. Per molti, per tutti quelli che non lo hanno letto, leggerlo sarà un vero piacere, un salto indietro nel tempo in  un periodo che sarà annoverato tra i più belli della nostra vita, quello della scuola.  Da "Ricordi di scuola" di Giovanni Mosca,  Rizzoli BUR, 1972costa pochissimi euro ed è fatto di  209 pagine-

Descrizione
Io vi parlo qui del tempo in cui, ragazzi, andavamo a scuola; del tempo che vorremmo tornasse, ma è impossibile. Dei sogni, delle speranze che avevamo nel cuore; della nostra innocenza; delle lucciole che credevamo stelle perché piccolo piccolo era il nostro mondo, basso basso il nostro cielo. Vi parlo delle stesse cose che voi ricordate, e se ve le siete scordate v'aiuto a ricordarle. Di quelle cose perdute che voi ora ritrovate nei vostri figli e vorreste – tanto sono belle – che non le perdessero mai.
Vi propongo questa lettura e riporto uno stralcio di pagina- da 
Compito in classe
Stamattina, dunque, c'è compito in classe.
E intanto cerca il tema da dare.
I ragazzi, sul foglietto della brutta copia, hanno già scritto la data e, sotto: "Tema", e aspettano, ora, con gli occhi spalancati e il cuore che batte forte, che il maestro cominci a dettare...
Ma il maestro tarda, per due ragioni: una, che spera sempre che arrivi Martinelli, l'altra che, come tutti i maestri (i ragazzi, fortunatamente, non le sanno queste cose) non sa che tema dare. "Il più bel giorno della mia vita"? No, basta con questo tema che costringe i ragazzi a dire bugie: perché, mai, per esempio, avranno il coraggio di scrivere che il più bel giorno della loro vita fu quello in cui videro una signora grassa ruzzolare per le scale con l'ombrello e la borsa della spesa... e poi, perché insegnar loro, piccoli come sono, a fare già i confronti tra un giorno e l'altro, a giudicarne uno più bello, uno più brutto? Tutti i giorni sono belli per i ragazzi di dieci anni, sia che abbiano visto una signora grassa ruzzolare per le scale, sia che abbiano potuto prendere una cicala, accostarsela all'orecchio e sentirla fare cra cra... "Primavera"? Oh, no! Costringerli ascrivere: "L 'inverno se n'è andato e spirano ora i tiepidi venticelli di primavera, l'albero del giardino è fiorito, finalmente si può correre, saltare...".
A scriverle, queste cose, senza poterle fare, chiusi in classe, dove si sente ancora il freddo dell'inverno appena trascorso, con le finestre che danno su un vicoletto sporco...
Martinelli non verrà.
È tardi oramai, il portone di scuola è stato chiuso, e Martinelli, a quest'ora, se ne sta sui prati, a vedere i fiori, non a scriverne; a mettere una mano nell'acqua delle pozzanghere che riflettono il colore del cielo, e si meraviglia, ritirandola, di non vederla colorata di celeste; a guardare le rondini che volano in cielo, a corona, e vorrebbe tanto prenderne una per vedere se mangia la cioccolata. A scuola, invece, sarebbe costretto ascrivere.......

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" Tema : il mio compagno di banco " .
Teste chine sui foglietti, sembrano tanti corridori ciclisti chini sul manubrio, penne che scricchiolano sulla carta, poi il brusio, i commenti, le esclamazioni che seguono sempre al silenzio dell'attesa.
Chi si frega le mani, contentissimo:
" È un tema facile! ".
Chi piange, là in fondo, e i lagrimoni colano sul foglietto :
" Signor maestro, io non ho il compagno di banco! ".
Chi alza la mano e, guardando il proprio compagno di banco dalla testa completamente rapata :
" Signor maestro, posso scrivere che il mio compagno di banco ha i capelli biondi e lunghi che gli scendono in tanti boccoli d'oro sulle spalle? ".
" Se il tuo compagno permette... Di', Francesconi, tu permetti che Crippa scriva che hai tanti riccioli d' oro che ti scendono sulle spalle? " .
Francesconi fa per rispondere no, poi ci ripensa, sorride alla idea di essere descritto biondo, con tanti boccoli, infine:
« No » , dice onestamente. « Scrivi che ho la testa rapata » .
Povero Crippa, gli sarebbe venuto un bel componimento se avesse potuto fare una graziosa descrizione del suo compagno di banco... Mi sono pentito di aver dato questo tema: è pericoloso. Vedo Marcellini guardare ferocemente Manili e fargli dei gesti che significano chiaramente:
"All'uscita ti faccio due occhi così".
« Marcellini, perché vuoi fare due occhi così a Manili? ».
« Perché nel componimento ha messo che sono spione e sgobbone, e che, anche se studio, tanto non imparo perché mi manca l'intelligenza ».
Un altro alza la mano :
« Signor maestro, posso scrivere che il mio compagno di banco vi fa sempre le boccacce quando voi non lo vedete? ».
Un altro piange, silenziosamente.
« Che hai? ».
« Sono povero » , dice, « ma che bisogno c' è», e indica il compagno, « di scriverlo nel componimento? Non tutti possono essere ricchi come lui, non tutti possono comprarsi il calamaio tascabile ».

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