"Sono carne da macello, sono Emigrante" recita una vecchia canzone Napoletana.
Chissà cosa deve aver attraversato la mente di quei lavoratori italiani frontalieri che lavorano in Svizzera nel vedere quegli enormi cartelloni che li rappresentavano come dei topi che rubano il lavoro ai locali. Le immagini dei tre topi rappresentano un piastrellista italiano, il ratto Fabrizio, che viene da Verbania; un poco raccomandabile simil-ladro romeno con tanto di mascherina stile Banda Bassotti, detto il ratto Bogdan; e infine il ratto Giulio, con riferimento al ministro Tremonti per il recente scudo fiscale e per il segreto bancario che ha dato non poco fastidio. Le proteste da parte del sindacato al cartellone, di cui nessuno rivendica per ora la paternità, non sono mancate, chiedendo al governo del Canton Ticino di intervenire, e spiegare ai ticinesi che senza i frontalieri le loro aziende sarebbero in difficoltà o chiuderebbero».
Nessuno può logicamente essere d’accordo con una simile offesa, come se non bastasse cosa non hanno fatto passare ai primi italiani che andarono a lavorare in svizzera, però cerco di immaginare la meraviglia di un frontaliero leghista, che nella sua patria è convintissimo di schedare, cacciare gli immigrati, anche quelli che lavorano da venti anni in Italia e che a tutt'ora viene negata la cittadinanza, che subisce così la legge dello straniero pur essendo un onesto lavoratore e di provata rettitudine morale. Lo shock e il disappunto deve essere stato grande soprattutto alla luce di tutte quelle battutacce sugli immigrati in generale ma addirittura sugli Italiani, sull’Italia e sulla bandiera. Non si vuole dire con questo che una regolamentazione dei flussi migratori fatta a livello europeo (anziché dei singoli paesi)non debba trovare soluzione ma occorre rendersi conto, che si è sempre meridionali di qualcuno, cioè ci sarà sempre chi è più a nord di noi e che il fenomeno dell'emigrazione storicamente c'è sempre stato, partendo dal fatto poi che siamo tutti di origine africana. Anzi forse la causa della confusione in materia legislativa verso gli emigranti nasce proprio dal fatto che l'Europa non si è data una regolamentazione unitaria che è divenuta urgente. Accade allora che un primo ministro di qualche paese , (Svizzera compresa )e magari storicamente colonialista, si alzi una mattina e decida seguendo i suoi umori, generando così spazi a pericolossimi precedenti. Nella civilissima Germania che ha un forte immigrazione straniera, i tedeschi del nord chiamano meridionali quelli del sud del paese e magari hanno dato loro pure un nomignolo. I nomignoli sono sempre stati usati, in tutte le epoche e per denigrare in modo stereotipato qualcuno, un gruppo o una nazione. Gli Ebrei nel periodo nazista e fascista erano rappresentati da topi mentre i Nazisti da gatti, oppure disegnati con un nasone e questa modalità di irridere qualcuno, ciò che di lui si vuole che rappresenti , si ripete nel tempo e pressappoco con le stesse modalità. In un libro, "Il viaggio più lungo - L’Odissea dei migranti italiani" di Gian Antonio Stella, sonno raccolti alcuni di questi appellativi, che tutti ma in modo speciale noi italiani, dovrebbero tenere bene a mente. Nella storia cè sempre stato chi ha cavalcato un disagio o un momento economico difficile ed individuato la causa dei suoi mali in una razza o in un gruppo di persone. Riporto alcuni nomignoli dipregiativi usati contro gli immigrati Italiania, altri li rimando ad un link-
BAT
Pipistrello. Soprannome insultante dato ai nostri emigranti in certe zone degli Stati Uniti alla fine dell’Ottocento e ripreso dal giornale «Harper’s Weekly» per spiegare come molti americani vedessero gli italiani «mezzi bianchi e mezzi negri» così come i pipistrelli sono mezzi uccelli e mezzi topi.
BAT
Pipistrello. Soprannome insultante dato ai nostri emigranti in certe zone degli Stati Uniti alla fine dell’Ottocento e ripreso dal giornale «Harper’s Weekly» per spiegare come molti americani vedessero gli italiani «mezzi bianchi e mezzi negri» così come i pipistrelli sono mezzi uccelli e mezzi topi.
GIOPPINO
Poche cose come la storia dei gioppini ricordano quanto l’Italia della Grande Emigrazione fosse un Paese molto povero. I gioppini erano le più popolari marionette bergamasche quando la provincia di Bergamo, oggi ricca, era ridotta in condizioni miserabili. Tutti i gioppini avevano i «tri gos», i tre gozzi, una malattia comunissima tra i montanari piemontesi, lombardi e veneti, sulla quale i bergamaschi trovarono il coraggio di ironizzare. Era causata dalla cattiva alimentazione e in particolare dall’ipotiroidismo dovuto al bere, senza alcuna integrazione, acqua del tutto priva di iodio. Sarebbe bastato del normale sale marino a sanare la piaga. Ma costava troppo e la gente usava sale da salgemma.
LOCUSTE
«[Sono] briganti, lazzaroni, fannulloni, corrotti nell’anima e nel corpo. (...) Se il boicottaggio vale a qualcosa, è in questo caso degli italiani che debbasi applicare. Siamo certi che i nostri capitalisti non ricaveranno beneficio alcuno dall’importazione di queste locuste.» («Australian Workman», 24 ottobre 1890).
Poche cose come la storia dei gioppini ricordano quanto l’Italia della Grande Emigrazione fosse un Paese molto povero. I gioppini erano le più popolari marionette bergamasche quando la provincia di Bergamo, oggi ricca, era ridotta in condizioni miserabili. Tutti i gioppini avevano i «tri gos», i tre gozzi, una malattia comunissima tra i montanari piemontesi, lombardi e veneti, sulla quale i bergamaschi trovarono il coraggio di ironizzare. Era causata dalla cattiva alimentazione e in particolare dall’ipotiroidismo dovuto al bere, senza alcuna integrazione, acqua del tutto priva di iodio. Sarebbe bastato del normale sale marino a sanare la piaga. Ma costava troppo e la gente usava sale da salgemma.
LOCUSTE
«[Sono] briganti, lazzaroni, fannulloni, corrotti nell’anima e nel corpo. (...) Se il boicottaggio vale a qualcosa, è in questo caso degli italiani che debbasi applicare. Siamo certi che i nostri capitalisti non ricaveranno beneficio alcuno dall’importazione di queste locuste.» («Australian Workman», 24 ottobre 1890).
Qualche breve racconto sugli Italiani emigranti- Link
Eravamo una cinquantina di terroni, sul treno. Era scritto nella richiesta di lavoro che a Chiasso bisognava scendere per la visita medica. C'era la neve, nonostante si fosse in marzo. Io non indossavo che la camicia e la giacca. Non dimenticherò mai quella giornata. Sogno una, due volte al mese cose che si riferiscono a quella trionfale entrata in Svizzera. Come siamo riusciti a resistere a tanti disagi e umiliazioni non lo capirò mai.
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