mercoledì 5 gennaio 2011

“We have no more dreams"

Basta solo che i giornali non riportano più un fatto ed esso non esiste più. Se di un accadimento non se ne parla, esso cessa quasi istantaneamente  la sua forza di incisione e di coinvolgimento e cade nel dimenticatoio, in quella stanza in cui molti altri fatti hanno cessato di essere notizia e non possono più assurgere a
definirsi  tale, poiché se non fanno più scalpore, cessa  anche l’interesse verso di loro.  E’ così che sono spariti  i cassintegrati dai tetti, i precari dai cortei, gli studenti  dalle piazze, tutti ingoiati dalla prime pagine bianche dei quotidiani, dalla globalizzazione che  divora tutti e tutto,  economia, istruzione, pensionati, pastori, carcerati, immigrati e chi più ne ha più ne metta.  Scandali, Corrotti, corruttori, escort, falsi in bilancio, leggi ad personam, tutto assume una valenza diversa  edulcorato dal neolinguismo e dalla depenalizzazione dei reati, al grido “ così ormai fan tutti” quindi  e come se non fosse reato. Dicono gli esperti che per rimediare ad una notizia pessima occorre fornirne sette positive in contrapposizione, quindi  di una situazione catastrofica e priva di progetti con i quali uscirne è sufficiente raccontare altre sette piccole notizie  positive, estrapolandole da una tabella che magari presenta un quadro generale negativo e torna il sereno.
 E chi può farlo facilmente, sistematicamente  e meglio di chi  possiede giornali, televisioni, cioè  importanti mezzi di informazione e magari riesce pure a controllare la parte di quella che non possiede? Insomma,  vediamo gente che protesta in gran numero  sulle isole, sui tetti, nelle piazze,  ma passata la manifestazione, lo sciopero, i gesti eclatanti, si risale la china con i media e il quadro che pareva oscuro si schiarisce e mostra una  casa Italia del tipo il  Mulino Bianco, in cui gente sorridente e senza problemi  sta a rappresentare la massa dei cittadini che non sente su di loro le rigidità economiche, il precariato o la chiusura della propria azienda. Certo che dobbiamo guardare al futuro,  è necessario farlo, ma per farlo occorrono progetti, non furberie, investimenti di sicuro ritorno non di cose campate per aria per compiacere qualcosa o qualcuno.  La cultura genera introiti e tanti pure, ma non si investe in quella direzione. La ricerca porta cervelli,  brevetti, scoperte ma si sceglie di tagliare questi capitoli di spesa e così pure nell’istruzione, negli investimenti nella piccola e media industria, nel turismo, musei e chissà  quante altre possibilità di ritorno economico. Queste scelte che tagliano il futuro, distruggono anche i sogni e i desideri  di farcela, per cui a molti viene da dire “we have got no more dreams”, noi non abbiamo più sogni.  
Queste scelte potrebbero farci cadere le braccia dell’anima lasciandoci andare dove ci portano  gli eventi, ma  pure il destino deve fare i conti con i giovani . I giovani per natura sono portatori  sani di futuro e vedono in esso - un’ occasione, un tempo aperto alle opportunità, le ragioni di un senso della vita, considerano, di per sé, il futuro migliore del passato recente-.  Ecco perché noi , che non abbiamo più sogni,  dobbiamo resistere, resistere e resistere, ad ogni  tiranno  di turno, ad ogni oligarchia di turno, e perfezionare quella meravigliosa ma imperfetta forma di governo chiamata Democrazia, con scienza , coscienza e legge. 

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