mercoledì 16 febbraio 2011

Pinocchio-Paolo Poli e Don Milani

Paolo Poli legge Pinocchio per la Scuola Pubblica Statale. L’idea è di un gruppo di genitori di Roppolo, (paesino del biellese): realizzare un spot in difesaella Scuola Pubblica Statale. Si tratta di una breve traccia audio pensata per le emittenti radiofoniche e per la diffusione su internet a cui seguirà in futuro un video più ampio realizzato con attori e marionette.




Parole di Don  Lorenzo Milani
  1. Ogni parola che non impari oggi è un calcio nel culo domani.
  2. Un atto coerente isolato è la più grande incoerenza.
  3. “Se si perde loro (i ragazzi più difficili) la scuola non è più scuola. É un ospedale che cura i sani e respinge i malati”.
  4. Ragazzi, io vi prometto davanti a Dio che questa scuola la faccio soltanto per darvi l’istruzione e che vi dirò sempre la verità di ogni cosa, sia che faccia comodo alla mia ditta [la Chiesa], sia che le faccia disonore.
  5. “Spesso gli amici mi chiedono come faccio a far scuola e come faccio a averla piena. Insistono perché io scriva per loro un metodo, che io precisi i programmi, le materie, la tecnica didattica. Sbagliano la domanda, non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare scuola, ma solo di come bisogna essere”.
  6. «Quando avrai perso la testa come l’ho persa io, dietro a poche decine di creature, troverai Dio come premio».
  7. “Non abbiamo odiato i poveri, come la storia dirà di noi. Abbiamo solo dormito”.
  8. “… la scuola, in questo popolo e in questo momento, non è uno dei tanti metodi possibili, ma mezzo necessario e passaggio obbligato …”.
  9. I care (io ho a cuore) motto scritto su una parete di una scuola americana e adottato da Don Milani.
  10. «Cara signora, lei di me non ricorderà nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti».
  11. “Non va bene. Gli insegnanti devono insegnare. Se non insegnano vanno all’inferno”.
  12. «Star sui coglioni a tutti come sono stati i profeti innanzi e dopo Cristo. Rendersi antipatici noiosi odiosi insopportabili a tutti quelli che non vogliono aprire gli occhi sulla luce».
  13. «Questa Chiesa è quella che possiede i sacramenti. L’assoluzione dei peccati non me la dà mica ‘l’Espresso’…il più piccolo litigio che avessi con la Chiesa io perdo questo potere…E chi me lo rende, Benedetti…o come si chiama quello dell’Espresso?»
  14. Chi, con occhio non distratto, affacciandosi al balcone della propria abitazione, si fosse “guardato un po’ intorno si sarebbe accorto che il mondo è mal messo. Dio l’aveva creato “preciso“, aveva fatto gli uomini tutti poveri e tutti ignoranti. Gli uomini invece, non si sa come, si sono accordati per tirar su qualche decina di persone molto ricche molto istruite e lasciar tutti gli altri come Dio li aveva creati”.
  15. “a me (…) non importa nulla che i poveri ci guadagnino (questo fatto non ha infatti nessun peso per la venuta del Regno), mi importa solo che gli uomini smettano di peccare. E l’ingiustizia sociale non è cattiva (per me prete) perché danneggia i poveri, ma “perché è peccato” cioè “offende Dio” e ritarda il suo Regno. È la ricchezza e non la povertà che è un’offesa a Dio”.
  16. «Se la vita è un bel dono di Dio non va buttata via e buttarla via è peccato. Se un’azione è inutile, è buttar via un bel dono di Dio. È un peccato gravissimo, io lo chiamo bestemmia del tempo. E mi pare una cosa orribile perché il tempo è poco, quando è passato non torna».
  17. «Ma il giorno che avremo sfondato insieme la cancellata di qualche parco, installato insieme la casa dei poveri nella reggia dei ricchi, ricordati Pipetta, non ti fidare di me, quel giorno ti tradirò. Quel giorno io non resterò lí con te. Io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te di fronte al mio Signore crocefisso».
  18. «Non mi ribellerò mai alla Chiesa, perché ho bisogno piú volte alla settimana del perdono dei miei peccati e non saprei da chi altri andare a cercarlo quando avessi lasciato la Chiesa».
  19. «T’ho scritto solo per metterti in guardia contro te stesso e per difendere la mia carissima moglie Chiesa che amo tra infiniti litigi e contrasti (come ogni buon marito usa fare)».
  20. Cercasi un fine. Bisogna che sia onesto. Grande. Che non presupponga nel ragazzo null’altro che d’esser uomo. Cioè che vada bene per atei e per credenti. Il fine giusto è dedicarsi al prossimo. E in questo secolo come vuole amare se non con la politica o col sindacato o con la scuola? Siamo Sovrani. Non è più il tempo delle elemosine, ma delle scelte.
  21. Auspichiamo che abbia termine ogni discriminazione e ogni divisione di patria di fronte ai soldati di tutti i fronti e di tutte le divise che morendo si sono sacrificati per gli ideali di giustizia, libertà, verità.
  22. Non pensi che il mondo avrebbe tutt’altra faccia se i montanari avessero saputo leggere e scrivere e non farsi fregare?
  23. Nella nostra scuola popolare si insegna a rispettare la persona dell’avversario, a capire che il male e il bene non sono tutti da una parte, che non bisogna mai credere nè ai comunisti nè ai preti, che bisogna nuotare sempre controcorrente.
  24. Alcuni mi accusano di aver mancato di rispetto ai caduti. Non è vero. Ho rispetto per quelle infelici vittime. Proprio per questo mi parrebbe di offenderle se lodassi chi le ha mandate a morire e poi si è messo in salvo.
  25. I presti dei ricreatori e i comunisti delle case del popolo non hanno stima della gioventù operaia e così, pur di non perdersela, non hanno saputo far meglio che accarezzare le sue passioni.
  26. Quanti vocaboli possiedi? Al massimo 250. Il tuo padrone non ne possiede meno di 1000; questa è una delle ragioni per cui lui resta padrone e tu rimani nelle condizioni in cui sei, povero e servo.
  27. Cari ragazzi ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che Lui non sia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto sul Suo conto.
  28. Bisogna avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini, né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto.
  29. “Stasera ho provato a mettere un disco di Beethoven per vedere se posso ritornare al mio mondo e alla mia razza e sabato far dire a Rino : – Il priore non riceve perchè sta ascoltando un disco – . Volevo anche scrivere sulla porta – I dont care più – , ma invece me ne care ancora molto.”
  30. Un aneddoto: lo stesso giorno che don Milani arriva a Barbiana, quando vede il livello della situazione e quindi prende coscienza dell’entità della sua punizione (era chiaro che era una punizione, non c’era neanche la strada a Barbania! Ma c’è punizione e punizione…), dopo aver traslocato sotto la pioggia ed essersi sfogato in un pianto a dirotto, ripetendosi: <>, scrollandosi di dosso il pianto, entra in Comune e dice: <>. Bel tipo, eh?! Ebbene, in quel paese don Milani non va a cercare i ragazzi a rischio, va a cercare i ragazzi.
  31. Non partite dal disagio, costruite le parole e rispolveratele nella loro lucentezza che inchioda la responsabilità. Restituite al cogno di ogni parola la sua freschezza e non permettete che nessuno la storpi a proprio uso e consumo.
  32. Se voi dividete il mondo tra italiani e stranieri, io lo divido tra chi ha una terra e chi no, chi è oppressore e chi è oppresso.

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