venerdì 20 maggio 2011

L'acqua è di tutti - di don Lorenzo Milani


Una lezione all'aperto a Barbiana
Tratto dalle lettere di Don  Lorenzo Milani un prete "particolare" che nel dicembre del 1954, a causa di screzi con la curia di Firenze, venne mandato a Barbiana dove e iniziò il primo tentativo di scuola a tempo pieno, espressamente rivolto alle classi popolari, dove, tra le altre cose, sperimentò il metodo della scrittura collettiva. Inoltre cercò di fare una cooperativa per costruire un acquedotto, ma un signorotto, proprietario di una sorgente, si rifiutò di concederne l’uso.
Don Lorenzo scrisse a un quotidiano cattolico:

«Caro direttore, col progetto di consorzio si darebbe l’acqua a nove famiglie, quasi metà del mio popolo. Il finanziamento è facile, perché siamo protetti dalla legge per le comunità montane, le benemerita legge 991: il Governo ci offre il 75 per cento della spesa, per il resto scaviamo da noi. Insomma bisogna concludere che la 991 è una legge sociale meravigliosa. Per darti un’idea di cosa significa l’acqua quassù, ti dico solo questo: s’è fatto conto che per ogni famiglia, il rifornimento d’acqua richiede in media 4 ore di lavoro di un uomo valido ogni giorno. Allora se i contadini avessero quella parità di diritti con gli operai che non hanno, cioè per esempio di lavorare solo 8 ore, si potrebbe dire dunque che qui l’uomo lavora mezza giornata solo per procurarsi l’acqua, non il vino! A rileggere l’articolo 3 della Costituzione “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale…” mi vengono i bordoni.

Ma oggi non volevo parlarti dei paria d’Italia, ma di un’altra cosa. Dicevamo dunque che c’è questa 991 che pare adempiere la promessa del 2° paragrafo dell’articolo 3 della Costituzione, “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini”. Eravamo già a buon punto perché un proprietario mi aveva promesso di concederci una sua sorgente assolutamente inutilizzata e inutilizzabile per lui. Ma egli ha un carattere volubile, e due settimane dopo s’è svegliato d’umore diverso e mi ha detto che la sorgente non la concede più. Ho insistito. S’è piccato. Ora non lo smuovi più neanche con le mine. Ma il guaio è che quando ho chiesto a un legale se c’è verso di ottenere l’esproprio di quella sorgente, mi ha detto di no. Sicchè la bizzettina di quell’omino, fatto insignificante di per sè, ha l’atomico potere di buttar all’aria le nostre speranze d’acqua, la famosa 991, il famoso articolo 3, le fatiche dei  Costituenti, la sovranità dei loro 28 milioni di elettori, le fatiche della resistenza ( ho nel popolo le famiglie di 14 fucilati per rappresaglia). 

Ma qui la sproporzione tra causa e effetto è troppa: un grande edificio crolla perché un bimbo gli ha tirato con la fionda. C’è un baco interiore che svuota la grandiosità dell’edificio. E il nome di questo baco tu lo conosci bene: si chiama idolatria del diritto di proprietà. A 1955 anni dalla Buona Novella, a 64 dalla Rerum Novarum, dopo tanto sangue sparso, dopo 10 anni di maggioranza dei cattolici, aleggia ancora su tutto il nostro edificio 2giuridico: è un tabù. Sono 10 anni che i cattolici hanno in pugno i due poteri: di fare le leggi e di applicarle. Per quale pensi che saranno più severamente giudicati? Che la storia condannerà la nostra società è profezia facile a farsi: basterebbe il solo fatto della disoccupazione oppure della mancanza di alloggi. Ma che i legislatori cattolici si diano da fare e prendano dunque in mano la Rerum Novarum e la Costituzione, e stilino una 991 molto più semplice, in cui sia detto che l’acqua è di tutti! 

Quando avranno fatto questo, poco male se poi non si riuscirà a mandare due carabinieri a piantare la bandiera della Repubblica su quella sorgente: morranno di sete e di rancore nove famiglie. Poco male. Manderanno qualche accidente al governo e ai preti che lo difendono. Poco male. Ma che sia salva almeno l’idea che noi cattolici abbiamo la luce:peccatori come gli altri passi, ma ciechi come gli altri no. Sommo disonore per noi, se, con tutte le pretese di rivelazione che abbiamo, se non sappiamo neanche qual è la gerarchia dei valori, qual è il bene e qual è il male, e a chi appartengono le polle d’acqua che sgorgano nel prato di un ricco, in un paesino di poveri.
         Don Lorenzo Milani
Il suo libro più famoso è Lettera ad una professoressa - le frasi che ricordo maggiormente di don Milani sono "quello che non impari oggi saranno calci nel sedere domani" e  "a che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca".



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