Un pezzettino tira l’altro e la
torta è finita. Questo è quello che in altre zone è già accaduto e che potrebbe
replicarsi nel Parco Agricolo Sud, nel Parco del Ticino e a seguire tutti gli
altri parchi. E’ così che è successo; fetta dopo fetta , pezzettino dopo
pezzettino e molte aree che prima erano agricole si sono riempite di cemento
oltremodo in un continuo rincorrersi di strade, edifici,Tangenziali Esterne, Autostrade con capannoni e poi ancora strade e cemento.
Certo è che se a qualcuno viene un qualche “appetito speculativo” deve andare dove può saziarlo e dove, se non nei Parchi rimanenti
nella cintura di Milano. Questo continua perdita di terreno viene sottratta
all’agricoltura che ci nutre, che ci lascia respirare, vivere in armonia,
quell’armonia che vogliamo ritrovare tornando a casa la sera. Il cemento non
può essere mangiato, ed è chiaro che un suo eccesso porta ad un disequilibrio
nel suo rapporto con l’ambiente. Ecco allora l’importanza dei PGT dei singoli
Paesi, la difesa dei parchi, il mantenimento dell’equilibrio ambientale.
Parrebbe una banalità ma non lo è
affatto. L’agricoltura assieme alle nostre bellezze sono il nostro petrolio, il
nostro tesoro ed i tesori vanno protetti, ameno che si intenda sia banale il
proprio tesoro, la propria autonomia di sussistenza, il proprio benessere. Allo
stesso modo non è affatto cosa “romantica” tendere ed avvicinarsi al consumo di
suolo zero, zero produzione di rifiuti non riciclabili, zero inquinamento di
polveri sottili, zero Eternit, zero discariche nocive e inceneritori. Abbiamo
inquinato perfino gli oceani e i loro abitanti con i sacchetti di plastica, per
poi scoprire che possiamo farne a meno utilizzando sacchetti biodegradabili o
sacchi di juta riutilizzabili mille volte. Siamo in possesso della piantina da
cui nascono le idee, dipende da noi se vogliamo innaffiarla e farla
crescere.
Arrivare allo zero consumo di suolo
o a qualcosa di simile deve essere ragionato, programmato, attraverso un
cammino condiviso: occorre crederci per attuare politiche
integrative ed alternative che incorporano multi risposte, multi
occasioni. In linea generale occorre perseguire un’economia del territorio
rigeneratrice, sana, che non sia succube di mere speculazioni che sterilizzano
e divorano il suolo senza soluzione di continuità. Costruendo tutto il
costruibile ci precludiamo ogni via di fuga, spostando in un tempo più che
prossimo lo stallo totale e con esso ogni possibile alternativa, il che ci
riporta al punto di partenza. In questo stato viviamo non più nel timore di
essere statici, ma con l’assoluta certezza di esserlo.
In soldoni: poiché il cemento è per sempre,
occorre riflettere bene prima di perdere le sorgive, i canali irrigui, le
marcite, le risaie, i boschi, i campi di grano, le cascine. Suggerisco solo di
riflettere bene, di usare cautela prima di occupare il suolo produttivo, prima
di mortificare l’ambiente, e la biodiversità, perché è matematicamente
certo che attraverso la somma di frazioni, sia pure nel tempo si raggiunge l’intero, la copertura totale
delle aree agricole, la scomparsa definitiva dei parchi e con essi, lo sperpero
di ciò che abbiamo ereditato. (D.O)
Da
Repubblica del (15 maggio 2012)- L'avanzata del cemento a Milano in
dieci anni, dal 1999 al 2009, è stata inarrestabile. In tutta l'area del
comune, compresa la cintura extraurbana, il «verde naturale e semi naturale» -
aree boschive, prati non coltivati, spazi aperti con arbusti - è diminuito del
43,4 per cento; questo nonostante una crescita della popolazione, nello
stesso periodo, minima: le famiglie milanesi sono aumentate solo dell'1 per
cento. ( dati Legambiente e dell’Istituto nazionale di urbanistica.)
Nell'intera provincia si è costruito l'equivalente di una città grande come
mezza Milano: i campi coltivati spariscono al ritmo di 20mila metri quadrati al
giorno. Ma il cambiamento si vede anche ad occhio nudo: «Basta fare
un’indagine cronologica su Google Earth, - dalle vedute aeree sono evidenti gli
spazi dove il verde è stato 'mangiato', ad esempio nell'area nord ovest in
prossimità dell’A4. O in alcuni punti del Parco Sud».
Ogni dieci giorni il cemento
cancella un terreno da cui si ricavava il frumento necessario per 150
tonnellate di pane. A lanciare l'allarme è anche la Coldiretti
Lombardia. «Assistiamo ad una continua erosione del patrimonio agricolo del
territorio», denuncia il presidente Ettore Prandini, «con i campi stretti in
una morsa tra l’espansione delle città e l'avvio di nuove grandi infrastrutture,
dalla Pedemontana alla Brebemi, dalla BroniMortara alla Tem, che hanno e
avranno un impatto pesantissimo sulla vita delle aziende agricole».
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