Io non so più se sono ancora italiano. Sebbene la mia anima possiede tre colori vivazi, mi sento un po’ meno tale , non mi fanno più sentire tale . Vivo con malessere lo strapotere dei politici, l’immagine delle loro vite caratterizzate da un sigillo di diseguaglianza e di privilegio, di mancanza della realtà, di comunione con la legalità.
La legge, che sta loro stretta, viene vissuta come un impedimento a muoversi più agevolmente per attingere a fondi pubblici, per procurarsi un vantaggio, un merito tangibile, visibile e che resti indelebile nella memoria degli osservatori. Non li sento difendere l’Italia da chi parla di secessione. Li sento lontani dalla gente, dal lavoro, lontani, lontani, semplicemente lontani, e soprattutto lontani dalla Patria. Camminando per strada incontro degli extracomunitari, marocchini, egiziani, senegalesi, che dicono di essere italiani, che si sentono italiani, che amano questo paese, che piangono per lui, che lavorano per lui, che sarebbero disposti a morire per lui. Per strada incontro anche altra gente, più chiara di pelle, che impreca contro la bandiera, contro lo stato, contro la nazione, il suo inno, “ il canto degli italiani” (titolo iniziale dell’inno di Mameli), gente che vive con fastidio la presenza di extracomunitari, che ha avversione verso l’Italia e gli italiani, verso la nostra storia, le nostre origini, come se non distinguessero il sangue dal latte. Non conosco popolo di questo pianeta che non metta la mano sopra il cuore nell’udire l’inno del proprio paese. Chi non ha Paese è privo del senso di appartenenza ed abita in case di sabbia. Perfino gli Inuit, popolo che vive tra le nevi della Groenlandia sentono i ghiacciai come Patria. Patria potrebbe anche essere l’Europa o la Terra intera o forse un giorno la nostra galassia, ma comunque un posto dove tornare, dove riconoscere e riconoscersi assieme, un luogo dove potersi sentire a casa. In questo tempo di restrizione visiva, di secessione culturale Italiana, di accorciamento degli orizzonti quasi non riconosco più i luoghi, le strade, il crinale dei monti. Solo il cielo mi pare lo stesso di sempre, lo stesso cielo sopra la testa delle persone, dei lavoratori Italiani, delle persone bianche, di colore, comunitarie ed extracomunitarie: solo il verde dei campi a dare colore agli occhi e la pioggia che cade sopra il capo di tutti.
La legge, che sta loro stretta, viene vissuta come un impedimento a muoversi più agevolmente per attingere a fondi pubblici, per procurarsi un vantaggio, un merito tangibile, visibile e che resti indelebile nella memoria degli osservatori. Non li sento difendere l’Italia da chi parla di secessione. Li sento lontani dalla gente, dal lavoro, lontani, lontani, semplicemente lontani, e soprattutto lontani dalla Patria. Camminando per strada incontro degli extracomunitari, marocchini, egiziani, senegalesi, che dicono di essere italiani, che si sentono italiani, che amano questo paese, che piangono per lui, che lavorano per lui, che sarebbero disposti a morire per lui. Per strada incontro anche altra gente, più chiara di pelle, che impreca contro la bandiera, contro lo stato, contro la nazione, il suo inno, “ il canto degli italiani” (titolo iniziale dell’inno di Mameli), gente che vive con fastidio la presenza di extracomunitari, che ha avversione verso l’Italia e gli italiani, verso la nostra storia, le nostre origini, come se non distinguessero il sangue dal latte. Non conosco popolo di questo pianeta che non metta la mano sopra il cuore nell’udire l’inno del proprio paese. Chi non ha Paese è privo del senso di appartenenza ed abita in case di sabbia. Perfino gli Inuit, popolo che vive tra le nevi della Groenlandia sentono i ghiacciai come Patria. Patria potrebbe anche essere l’Europa o la Terra intera o forse un giorno la nostra galassia, ma comunque un posto dove tornare, dove riconoscere e riconoscersi assieme, un luogo dove potersi sentire a casa. In questo tempo di restrizione visiva, di secessione culturale Italiana, di accorciamento degli orizzonti quasi non riconosco più i luoghi, le strade, il crinale dei monti. Solo il cielo mi pare lo stesso di sempre, lo stesso cielo sopra la testa delle persone, dei lavoratori Italiani, delle persone bianche, di colore, comunitarie ed extracomunitarie: solo il verde dei campi a dare colore agli occhi e la pioggia che cade sopra il capo di tutti.
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