E pensare che solo un unno e mezzo fa, non decenni, chi diceva che la mafia aveva messo radici al nord veniva deriso, tacciato di terrorismo psicologico, economico, un fesso che crede alle dicerie. Anche diverse personalità istituzionali si erano così espresse. Il prefetto di Milano Gian Valerio Lombardi, allora andava così dicendo, che la mafia non esiste, così pure il Prefetto di Parma
in risposta alle denunce di Roberto Saviano. Quindi la mafia al Nord, hanno detto i prefetti e non dei pinko pallo del bar dello sport, non esiste. Esiste, ne convengono, una certa infiltrazione negli affari, grandi e piccoli, della Città, sia Torino, Milano Padova, Bologna, Verona o Trieste, ma si tratta di "singole famiglie" che in ogni caso "agiscono, prevalentemente, come imprenditori" ha disgraziatamente aggiunto il Prefetto di Milano.
A dimostrazione di questa tesi, lo stesso prefetto, non molto tempo fa, aveva dato un contributo sostanziale, a quanto si dice, all'affossamento di un osservatorio antimafia comunale sui lavori dell'Expo. In ciò, un fondo di verità però esiste ed è che la mafia, intesa come quel sistema antico e feudale che tutti conosciamo e rappresentata nei film , quella con la coppola e tanto di panza, sta scomparendo. I mafiosi attuali sono, prima di tutto, imprenditori, bravissimi imprenditori. Per aggiudicarsi ottimi contratti, grandiosi affari, fantastici appalti occorre avere innanzi tutto contatti con la classe politica locale, nazionale, internazionale ed essere anche imprenditori di “successo“.
Certo che per arrivare ad ingrandirsi occorre partire dal piccolo, da piccole realtà ed allora eccola presente a Busto Arsizio e dintorni, a Buccinasco, a Varese, a Pavia, a Paderno Dugnano, a Lonate Pozzolo, a Cisliano, retta dal Sindaco Emilio Simonini che è stato l’unico comune della Provincia di Milano a lanciare l’allarme contro il diffondersi della criminalità mafiosa nel territorio proponendo di attuare un “Patto dei Sindaci per la Legalità” e poi la Mafia contro i Frediano Manzi, presidente dell'associazione «Sos racket e usura». e questi quelli più eclatanti. E' recentissima la dichiarazione del Procuratore Capo di Torino, Gian Carlo Caselli “Stupisce e amareggia che ci siano casi, isolati ma purtroppo numerosi, di persone delle istituzioni che intrattengono abitualmente proficui rapporti con personaggi riconducibili ad ambienti mafiosi di cui questa inchiesta restituisce un quadro inquietante”.
Dalle indagini, infatti, ( in tutto 191 gli indagati nell’ambito della vasta operazione antimafia denominata “Minotauro”, condotta principalmente dai carabinieri di Torino, profondo Nord) sono emersi collegamenti tra l’organizzazione criminale e uomini delle istituzioni piemontesi e posizioni trasversali agli schieramenti politici e voti di scambio a livello di elezioni provinciali, comunali ed europee. “E’ una vergogna inaccettabile”, ha sottolineato Caselli.
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