lunedì 14 giugno 2010

Libertà di Stampa-un copia/incolla con la storia

Molto clamore, anzi moltissimo clamore attorno al progetto di legge che vedrebbe ridotta la capacità di informare ai giornalisti e ai giudici, di indagare tramite le intercettazioni telefoniche e ambientali. Si sente ripetere che il governo vuole controllare la stampa con una legge detta “bavaglio” e mettere le manette a chi intercetta e pubblica notizie di “un certo tipo”. La curiosità mi ha portato a fare una piccola ricerca su cosa si intende esattamente per censura e che effetti ha avuto nella nostra storia. Sotto, sono riportati stralci di una pagina relativa ad un periodo oscuro della storia al quale non siamo tornati, ma stupisce per le formidabili analogie attuali ed un copia incolla di parti della stessa sono stati raggruppati come di seguito offrendoci alcune inevitabili riflessioni . Forse può apparire una cosa detta e ridetta ed in talune circostanze esagerata e qui, men che meno ci si vuole improvvisare politogi, per l’amor di Dio, ma i fatti pian pianino
accadono…. una lettura poi scevra da pregiudizi aiuterebbe molto ad osservare le cose per formarsi un giudizio sereno. Ma, comunque la si pensi, una cosa è certa: G8, Intercettazione telefonata appalti e risatine sulla tragedia terremoto Abruzzo, progetto omicidio giudice Ingroia, calciopoli, ricatto a Marrazzo scandalo Parmalat etc. non sarebbero stati possibili e nessuno ne sarebbe venuto mai a conoscenza se non gli autori stessi.
A volte invece, sentiamo accusare la magistratura di essere un regime, e a questo riguardo ho trovato questa illuminante pagina che meglio può chiarirci il concetto . E’ stata scritta nel 2007 da Stefano Racheli,(Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Roma).qui
LA PROPAGANDA FASCISTA
La pagina tratta di regime e informazione nel periodo fascista- Questo sistema autoritario fu assicurato da una grande capacità comunicativa, la “propaganda” appunto, attraverso la quale fu stabilito un controllo totale sull’informazione e la cultura.
LA STAMPA: è importante sottolineare il controllo attuato dai regimi sulle informazioni. Fu possibile grazie all’acquisto da parte del partito fascista tra il 1911 e il 1925 delle maggiori testate giornalistiche e grazie all’introduzione degli albi nel 1925. I quotidiani, dunque, presentavano, attuando una censura su cronache nere e di fallimenti economici, il periodo fascista come un modello storico di pace e moralità. Lo stesso accadde anche nei giornali per bambini i cui argomenti erano strettamente legati all’ideologia fascista (superiorità dei bianchi sui neri, malvagità degli ebrei ecc.). Nei primi anni del regime la stampa fu sottoposta ad un controllo formale. Mussolini acquistò i maggiori giornali italiani per portare avanti il suo progetto teso ad accrescere il consenso intorno al regime. Nonostante il controllo attuato dal fascismo però, alcuni giornali d’opposizione come La Stampa e Il Corriere della Sera riuscirono a sopravvivere.
Con le “Leggi Fascistissime” e quelle del 31\12\1925 Mussolini dispose che ogni giornale avesse un direttore responsabile inserito nel partito fascista e che il giornale stesso, prima di essere pubblicato, fosse sottoposto ad un controllo. Queste leggi inoltre istituirono “L’Ordine dei Giornalisti” i cui membri dovevano far parte del partito fascista. Mussolini creò inoltre l’Ufficio Stampa, che nel 1937 venne trasformato in Ministero Della Cultura Popolare (Min.Cul.Pop.) Questo Ministero aveva l’incarico di controllare ogni pubblicazione sequestrando tutti quei documenti ritenuti pericolosi o contrari al regime e diffondendo i cosiddetti “ordini di stampa” (o “veline”) con i quali s’impartivano precise disposizioni circa il contenuto degli articoli, l’importanza dei titoli e la loro grandezza. A capo di questo Ministero c’era Galeazzo Ciano, che poi diventò Ministro degli Esteri e che s’interessò anche dei mezzi di comunicazione di massa, cioè la radio e il cinema. Il Min.Cul.Pop., oltre a controllare le pubblicazioni, si pose come obiettivo quello di suscitare entusiasmo intorno alla guerra d’Etiopia e di esaltare il mito del Duce.
INTELLETTUALI E POTERE
Il fascismo cercò il consenso anche sfruttando gli intellettuali di rilievo. Una parte del mondo della cultura aderì al fascismo attraverso l’ingresso nell’Accademia d’Italia o entrando a far parte dell’ Istituto Treccani; è il caso di Pirandello che s’iscrisse al partito fascista dopo il delitto Matteotti. Il fascismo di fatto non accetta la libertà di opinione e persegue tutti coloro che non si allineano al pensiero ufficiale. Non esiste voto segreto: alle elezioni le proposte del governo si votano con una scheda “sì” che all’esterno è tricolore o una scheda del “no” che è tutta bianca. Il regime contro gli oppositori si manifesta con la censura, le manganellate e la costrizione a bere un’abbondante dose di olio di ricino; la polizia politica è attiva contro gli antifascisti che vengono giudicati e condannati da un tribunale speciale.
Tuttavia già dai primi anni del secolo molti intellettuali avevano scelto di fare da supporto ai movimenti di destra, anche in forme aggressive dal punto di vista politico e innovative dal punto di vista artistico (D’Annunzio, Marinetti). Con l’avvento del fascismo le esperienze d’avanguardia furono assimilate in una totale adesione al regime: Marinetti entrò nell’ Accademia d’Italia, la cui presidenza fu assegnata nel 1937 a D’Annunzio. Anche Ungaretti aderì al fascismo e fu assunto come corrispondente dal Ministero degli Esteri. La cultura fascista si espresse attraverso riviste e correnti; Il Selvaggio e il movimento Strapaese manifestavano l’anima rivoluzionaria e sovversiva dello squadrismo. Il Bargello era l’organo ufficiale del partito, ma furono più importanti Critica fascista e Primato di Bottai, il quale tentò di coinvolgere gli intellettuali in un processo revisionista: frequentarono questi periodici autori come Bilenchi e Guttuso, Vittorini e Pratolini, Montale e Pavese, che diventarono poi antifascisti militanti. Non si può dire che ci fu una vera e propria letteratura fascista; le opere di narrativa sono di livello modesto, non mancarono naturalmente voci di dissenso, ma subirono una dura repressione con la censura: Gobetti morì per percosse subite da fascisti, Gramsci morì in carcere, i fratelli Rosselli furono uccisi in Francia da sicari fascisti, Bernari e Moravia ebbero difficoltà a far circolare i loro romanzi, Silone visse in esilio, la rivista Solaria, la più ricca officina letteraria del ventennio fu chiusa nel ‘36. Le due figure che meglio rappresentano i punti di riferimento per gli intellettuali fascisti ed antifascisti furono Giovanni Gentile e Benedetto Croce. Gentile fu il filosofo ufficiale del regime che teorizzò lo stato totalitario nel quale il singolo doveva completamente identificarsi. Fu Ministro della Pubblica Istruzione, presidente dell’ Enciclopedia Italiana, la Treccani, in cui comunque accettò la collaborazione d’intellettuali di non stretta osservanza fascista. Fu l’ultimo presidente dell’ Accademia d’Italia e redattore del Manifesto degli intellettuali fascisti. Croce, filosofo napoletano, era un liberale giolittiano che vedeva nel fascismo una sorta di parentesi nella continuità dello stato liberale, di malattia dello spirito. Diventò nel ventennio il simbolo di una cultura che non si piegava al regime e fu il redattore del Manifesto degli intellettuali antifascisti.

Nessun commento:

Posta un commento