Questo squisito saggio ad uso dei cortigiani
sembra più che mai, un'attuale e preziosa guida moderna su come comportarsi nel tempo
odierno alla corte del Potente, dove il libero pensiero, la volontà ed il desiderio personale del pensare e del
dire, vengono percepiti come fastidiose interferenze, non in
sintonia con il comportamento di maniera dei tempi nuovi, di questi tempi. - Il cortigiano ha diverse anime. A volte è
insolente e a volte è vile; può dar prova della più squallida avarizia e della
più insaziabile avidità
così come di un’estrema magnanimità, di una grande
audacia come di una codardia vergognosa, di un’impertinente arroganza e della
correttezza più calcolata; in poche parole egli è un Proteo, un Giano Bifronte
o ancor meglio un Dio indiano raffigurato con sette volti differenti. I filosofi, che spesso sono di cattivo umore,
considerano in verità il mestiere del cortigiano come vile, infame, pari a
quello di un avvelenatore.
I popoli ingrati non percepiscono la reale portata
degli obblighi propri di questi uomini generosi che, pur di garantire il buon
umore del Sovrano, si votano alla noia, si sacrificano per i suoi capricci,
immolano in suo nome onore, onestà, amor proprio, pudore e rimorsi; ma come
fanno quegli ottusi a non rendersi conto del costo di tanti sacrifici?
Non
pensano al prezzo da pagare per essere un buon cortigiano? Qualunque sia la
forza d’animo di cui si è dotati, per quanto la coscienza possa essere
corazzata con l’abitudine a disprezzare la virtù e a calpestare l’onestà, per
gli uomini ordinari resta comunque penoso soffocare nel cuore il grido della
ragione. Soltanto il cortigiano riesce a tacitare questa voce inopportuna; lui
solo è capace di un così nobile sforzo.
Un perfetto cortigiano è senza ombra di dubbio il più sorprendente degli uomini. Smettiamo di parlare dell’abnegazione dei devoti verso la Divinità: la vera abnegazione è quella del cortigiano verso il proprio padrone; guardate come si umilia in sua presenza! Diventa pura macchina, o meglio, si riduce a niente; attende di ricevere da quello la propria essenza, cerca di individuare nei suoi tratti caratteri che lui stesso deve assumere; è come una cera malleabile pronta a ricevere qualsiasi calco le si voglia imprimere. Un buon cortigiano non deve mai avere un’opinione personale ma solamente quella del padrone o del ministro, e deve saperla anticipare facendo ricorso alla sagacia; ciò presuppone un’esperienza consumata e una profonda conoscenza del cuore degli uomini.
Un buon cortigiano non deve mai avere ragione, non
è in nessun caso autorizzato ad essere più brillante del suo padrone o di colui
che gli dispensa benevolenze, deve tenere ben presente che il Sovrano e più in
generale l’uomo che sta al comando non ha mai torto. Il cortigiano ben educato deve avere uno stomaco
tanto forte da digerire tutti gli affronti che il suo padrone vorrà
infliggergli. Per vivere a Corte è necessario un dominio assoluto dei
muscoli facciali, al fine di ricevere senza battere ciglio le peggiori
mortificazioni. Un individuo rancoroso, dal brutto carattere o suscettibile,
non riuscirà mai a fare carriera. La nobile arte del cortigiano, l’oggetto
essenziale della sua cura, consiste nel tenersi informato sulle passioni e i
vizi del padrone, per essere in grado di sfruttarne il punto debole: a quel
punto sarà certo di detenere la chiave del suo cuore.
Gli piacciono le donne?
Bisogna procurargliene. E’ devoto? Bisogna diventarlo o fare l’ipocrita. E’ di
temperamento ombroso? Bisogna instillargli sospetti riguardo a tutti coloro che
lo circondano. E’ pigro? Non bisogna mai parlargli di lavoro; in poche parole,
lo si deve servire secondo i suoi desideri e soprattutto adularlo continuamente.
Se è uno stupido non si rischia nulla a prodigargli lusinghe anche del tutto
ingiustificate, ma se per caso fosse arguto o di buon senso – si tratta in
verità di un’eventualità remotissima - sarebbe opportuno prendere qualche
precauzione.Il cortigiano deve ingegnarsi per essere affabile,
affettuoso e educato con tutti coloro che possono aiutarlo o nuocergli; deve
mostrarsi arrogante soltanto con chi non gli serve a niente.
Deve conoscere a
memoria il prezzo di tutti quelli che incontra, deve salutare con reverenza la
cameriera di una Dama in auge, chiacchierare amichevolmente con il portiere o
il valletto del ministro, accarezzare il cane dell’alto funzionario, inoltre
non gli è permesso distrarsi un attimo, la vita del cortigiano è un perpetuo impegno. I cortigiani non trovano nulla di meschino in
tutto ciò che fanno per il Principe; che dico? Si inorgogliscono nell'esercizio dei più infimi incarichi presso l’adorata persona; giorno e notte aspirano alla
gratificazione di essergli utile; lo scortano, si atteggiano a intermediari
compiacenti di ogni suo piacere, si attribuiscono le sue sciocchezze o si
affrettano ad approvarle; in poche parole, il buon cortigiano è talmente
assorbito dall'idea del dovere, che spesso si sente fiero nel compiere atti
disprezzati anche dal più leale servitore.
Lo spirito del Vangelo è l’umiltà;
il Figlio dell’Uomo ci ha detto che chi si esalta sarà umiliato; il contrario è
altrettanto vero, e la gente di Corte segue alla lettera tale precetto:
smettiamo di sorprenderci che la Provvidenza ne ricompensi generosamente la
duttilità, e che dalla loro abiezione conseguano onori, ricchezza e stima da
parte degli Stati bene amministrati.
Nessun commento:
Posta un commento